E’ indubbiamente vero che ogni persona sviluppa nel corso della vita una particolare modalità di risposta agli eventi e un modo di vedere le cose che lo induce, tendenzialmente, a cercare spiegazioni dentro di sé o all’ esterno, questi vengono chiamati stili di attribuzione.
In linea generale possiamo dire che lo stile di autoattribuzione consiste nell’attribuire più spesso a sé e al proprio comportamento la causa di ciò che accade, mentre quello di eteroattribuzione induce a ritenere che siano prevalentemente gli altri i responsabili di ciò che ci accade e di ciò che facciamo.
Uno stile di autoattribuzione è spesso associato alla tendenza ad
assumersi la responsabilità di ciò che accade, pertanto questi individui
saranno maggiormente inclini a sperimentare sentimenti di colpa.
Coloro che invece vogliono mostrare agli altri un’immagine di sé impeccabile, non tollereranno l’eventualità di avere delle responsabilità ed essere sanzionati o puniti per questo, così addosseranno la colpa agli altri (stile di eteroattribuzione). Questa modalità è solo apparentemente efficace, poiché inizialmente farà sentire sollevato l’individuo che le mette in atto ma a lungo andare le persone con le quali aveva stretto relazioni lo allontaneranno.
Nella vita di tutti i giorni si possono sperimentare stili relazionali basati sulla colpevolizzazione che diventano strumenti di esercizio di potere e di influenzamento. Spesso si manifestano nelle dinamiche di lavoro o nella vita familiare, situazioni nelle quali un collega, un superiore o un coniuge è particolarmente abile nell’ individuare sempre e solo ciò che non è stato fatto, ciò che è rimasto in sospeso e quasi mai ciò che invece di positivo è stato realizzato e portato a termine.
Su questi sentimenti riesce a far leva chi sistematicamente, attraverso i sensi di colpa indotti negli altri, esprime la propria influenza.
E’ necessario difendersi da coloro che fanno leva
sui sensi di colpa altrui per assicurarsi la vicinanza dell’altro. E’ anche necessario difendere se stessi dalla tendenza a sentirsi
inadeguati e mancanti in qualcosa che ci spinge a dover fare sempre di più per
conquistare la stima e l’affetto degli altri.
Le strategie di colpevolizzazione possono essere molteplici e
sottili: si può rimproverare l’altro per una presunta colpa (<<Ma ti
rendi conto di quello che sarebbe potuto accadere?!>>), oppure per il
fatto di esternare il proprio malessere (<<Dovresti essere felice e
invece sei sempre insoddisfatto!>>). Spesso queste strategie si basano
anche sul ricatto morale, vale a dire su messaggi che contengono una minaccia
più o meno nascosta di punizione e che hanno lo scopo di far sentire
inadeguati, carenti, inferiori, incompetenti (<<Se ti sento ancora
piangere o lamentarti, non andremo più da nessuna parte!>>).
Queste modalità che contengono una buona dose di aggressività, ottengono l’effetto desiderato, ossia di assoggettare e manipolare l’altro, se la persona che è oggetto di tali attacchi è legata affettivamente o si trova in una condizione di subordinazione verso colui che abusa del suo potere.
Bibliografia
Di Blasio P., Vitali R. (2013). Sentirsi in colpa. Il Mulino, Bologna.