L'influenza del legame madre-bambino nei comportamenti alimentari della prole

I meccanismi biologici di regolazione fame- sazietà sono modulati da vari fattori che via via entrano in campo a livello conscio e inconscio e sono: lo stile di vita dei genitori, le interazioni familiari, il gruppo dei coetanei, la cultura di appartenenza, le capacità di controllo e gestione delle emozioni, l’immagine del proprio corpo. Affianco a tutti questi fattori, la scienza psicologica afferma che il comportamento alimentare della madre, sin dalle prime fasi di vita intra-uterina del feto, influenzerebbe i comportamenti alimentari del futuro nascituro verso certi tipi di cibi piuttosto che altri. Alla luce di questo, la madre che persegue una dieta inadeguata nel corso della gravidanza (sia in eccesso e/o in difetto) espone il proprio bambino all’insorgenza di future problematiche che saranno evidenti nel post-partum e lo potranno accompagnare fino all’età adulta (diabete, obesità, carenze nutritive).

Ovviamente nelle diverse fasi di sviluppo, quali lo svezzamento, il passaggio dal latte ai cibi solidi, fasi in cui le componenti affettive sono indistinguibili da quelle nutritive, entra in gioco il ruolo di chi si prende cura del bambino. Il genitore (o caregiver) nella costruzione della relazione con il proprio figlio introduce il bambino ad imparare un nuovo linguaggio­­- quello con il cibo- e rispetto a cui la comunicazione affettiva pone le basi per sviluppare nel piccolo le abilità di regolare i propri stati fisici di fame e sazietà.

Se il momento del pasto è scandito dalla disponibilità del caregiver nel costruire insieme con il bambino una relazione emotiva e non solo puramente nutritiva, allora questo spazio acquisirà caratteristiche di piacevolezza, dove la componente affettiva contribuirà in un’ottica circolare a promuovere i comportamenti di avvicinamento e sperimentazione da parte del bambino verso cibi che hanno consistenze, odori e sapori diversi.

Comportamenti alimentari di intenso rifiuto messi in atto da parte del bambino, rivestono una funzione adattiva cruciale, poiché mirano ad impedire la separazione dal genitore e garantire di converso la sua vicinanza che contribuisce a mantenere un contesto sicuro e familiare. Per cui la richiesta del bambino è di tipo relazionale e necessita di una risposta empatica da parte del genitore affinchè soddisfi il bisogno emotivo del bambino di sentirsi “al sicuro”. Comportamenti genitoriali non adeguati, come per esempio il proporre cibi preferiti del bambino, quale strategia per aggirare il rifiuto, sono abitudini che svolgono un’azione di rinforzo delle problematiche.

Pertanto il rapporto che si instaura tra genitore e bambino in ambito alimentare simula e sottende lo scambio affettivo e relazionale tra i due, rispetto a cui è possibile valutare eventuali sofferenze psicologiche dell’infante.


Bibliografia

De Campora G., Zavattini G.C. (2016). Mindfulness e disturbi alimentari. Il Mulino, Bologna.